mercoledì 21 novembre 2007

Un sogno

Il suo sguardo era freddo e costante. Mentre si avvicinava piano all’uomo, la Bestia che la voleva sua, guardava Lui - il Suo, perché entrambi si appartenevano. Ma quella locanda dai toni cupi e la penombra calda nella quale trascorrevano quei giorni aveva questa capacità, di nascondere all’occhio della mente il passato. Come and see the mind’s eye / we can find it if we try.
Lei, nuda e piacevolmente consapevole di esserlo, non tradiva esitazione alcuna. La Bestia aveva la voluttà nelle pupille, quel frenetico fuoco che si capisce subito negli occhi di un essere umano. Tendeva le sue grosse dita a quel esile sogno proibito – famelica bestia – la voleva immediatamente. Lei camminava lenta, e sembrava una danza la sua, lenta, come una fiamma di una candela quasi spenta.
Lui,
avvolto nel caldo velluto di una poltrona finto-barocco, la testa immobile, il viso perfettamente fermo. Le rughe sulla sua faccia esprimevano ciò che non pensava veramente. A vederlo, sembrava un bambino che gioca a fare l’indifferente con un nuovo giocattolo.
Gli occhi però parlano una lingua fin troppo comprensibile. Lui si logorava l’anima, la prendeva a pugnalate, lente pugnalate dall’alto, dal basso, ai lati. Sentiva istante dopo istante piccoli fili della sua anima che si perdevano chissà dove, lacerati da quella visione surreale. Continuava a guardare, e continuava ad odiare.
E poi fece una cosa improvvisa. Si alzò di scatto, uscì dalla sala ritrovo della locanda diretto alla porta d’ingresso (nel suo caso d’uscita). Non si curò del vecchio che urtò correndo, né pensò a prendere la giacca nonostante il freddo umido. Voleva solo correre, Lui. Correre a perdifiato per raggiungere chissà cosa. Correva, e si avvicinava senza volerlo alla fonte di quella follia.
L’oceano. Il mare. L’oceano mare. Quando si trovò davanti a questo furioso vecchio, il mare, capì tutto immediatamente. Era lui ad aver sconvolto la sua pace. Come una tempesta che impervia su un veliero deserto, decidendo dove come farlo andare, così aveva scosso la rigorosa ragione di Lei.
Decise di chiedergli perché. Urlò. Ringhiò all’oceano, con tutto il fiato che aveva in gola. “Perché te la vuoi prendere?”. Ma non sentiva risposta, solo la tempesta che produceva nuove onde frenetiche.
Allora corse, dentro il mare, per sentire cosa faceva ad una persona che lo vive.
così avrebbe capito anche Lui. Così avrebbe capito Lei.



A volte le parole non si vedono...anche se sono davanti a noi.

5 commenti:

dawoR*** ha detto...

il mare è bello - sopratutto d'inverno :) dawoR***

Dice ha detto...

bravo dawor, il primo che ha capito l'enigma!

Rosa ha detto...

...bello qst post....

Lieve ha detto...

Per un attimo ci ero cascata :P
Un post molto "sognante", Dice ;)

Anonimo ha detto...

perché per essere veramente dentro al mare, lui deve essere dentro di te, lo devi sentire... e allora puoi capire.